Fino ad oggi ho incontrato poche persone che amano scrivere, capaci di comunicarmi anche di persona la loro passione. Una di loro è Marta Mai, un'amica che trasuda passione anche nelle conversazioni fatte nel salotto di casa. Ascoltarla nella sua comunicazione, condita di impeto ed ardore, tocca certe mie corde, nell'anima, che trasformano l'ascolto in una sorta di rapimento estatico.
Mi è dispiaciuto molto (e oggi me lo perdono) di non essere arrivata in tempo il 3 dicembre alla presentazione del suo ultimo libro. Sono onorata della sua dedica nella seconda di copertina, al di là del legame di un'amicizia calda e sincera. Mi perdonerà se le rubo il suo diritto d'autore nel trascrivere una parte dello scritto. Mi sembra comunicare, con sapiente maestria, il valore della scrittura, così come lo intendo io, un lavoro fatto di ricerca, di scavo interiore, di desiderio di comprensione, di analisi e capacità di vedere oltre l'ambiguità delle parole, ricostruendone il loro significato originario. Un valore artistico che va oltre la creatività inesperta, poiché intriso di consapevolezza.
Grazie Marta!!!
Trascrizione fedele
(le sottolineature e l'uso del grassetto sono opera mia)
"Estrapolare dall'Ottocento l'immagine della famiglia [...] ha comportato un'immersione totale in quel secolo ardente di passione ed esplosivo di rivoluzioni.
Passioni e rivoluzioni sono condizioni costanti nella pagina degli scrittori dell'Ottocento e sono interscambiabili dal piano reale al piano spirituale.
La passione è tutta reale quando è finalizzata al raggiungimento dell'affetto desiderato, è tutta ideale per quella tensione alla felicità, status agognato in cui si distende e si quieta l'animosità.
La rivoluzione è concreta nei luoghi di battaglia domestica e storica; è spirituale nei cuori in lotta. [...]
Nel settore prosa [...], se aderiamo - come aderiamo - al fatto che la verità supera la fantasia, allora dobbiamo credere che tutte le storie scritte hanno almeno un'ombra di verità: nessuna è veramente esistita e tutte sono esistite - almeno per qualche aspetto. Riguardo poi alle "grandi" storie scritte, che sopravvivono in forza del loro esistere nel tempo, diventano anche un po' "vere". E ciò per dire dell'immortalità della grande scrittura, che eterna eroi ed eroine delle grandi storie entrate a far parte della memoria collettiva.
La scrittura è una "faticosa" gioia e gli autori, lavorando, possono essere impegnati ad immaginare una storia adattandola alle ideologie e alle mode del pensiero corrente. Possono ancora, sedotti e concupiti dal pensiero dominante, o infervorati da una loro reale esperienza, essersi lasciati trascinare dalla vis creativa, per produrre un'immagine calata dall'aderenza al tempo o dalla propria esperienza, ma mai vera, caso mai verosimile. Insomma, ribadiamo che l'immagine della famiglia in letteratura non corrisponde a situazioni conclamate e verificate: sfrondata da accondiscendenza agli usi e costumi del tempo, è la fotografia di una situazione ipotizzata nella mente dell'autore, da lui "patita" emotivamente e ripresa dalla "sua" angolatura.
E' un'istantanea della fantasia, del cuore e della mente, emergente da un "fondale" naturale e storico, scelto individualmente e rielaborato secondo preferenze e punti di vista. Cosa ci può essere di più irreale? Eppure, quanto diventano "vere" certe storie nate così!
[...] Se è tutto falso, perché leggere? Se la storia, costruita intorno agli uomini e alla loro vita in famiglia, è avvincente e ben scritta, poco importa la verità documentata: il piacere di leggere è immaginare insieme all'autore, è emotivamente partecipare, è acutamente ragionare, è animosamente ipotizzare di discutere, per comunicare e crescere in umanità"*.
[Marta Mai].
*C. Boroni, M. Mai, L'immagine della famiglia nella Letteratura Italiana dell'Ottocento e del Novecento, Vanni Editrice, Gorgonzola (MI), 2010, pp. 11-12.